lunedì 20 maggio 2013

Riflessioni consapevoli sulla necessità di un cambiamento

http://digiphotostatic.libero.it/gienne65/med/14c3aec1a8_3195232_med.jpgBasta, ora vado. E' finita, come potrebbe essere altrimenti? Devo comunicare, finalmente, la mia decisione. So che è la più giusta - ne sono più che mai consapevole - ma talvolta basta un niente per far affiorare le vecchie paure. Devo uscire di qui, e al più presto: questo lavoro non mi appartiene, non mi realizza nè soddisfa. Non ha senso. Mi sono stufato di fare lo stesso percorso in macchina tutti i giorni, di timbrare con tutta fretta per non perdere la mezz'ora, di mangiare in questa mensa che offre cibo che chissà da dove viene, ma soprattutto di svolgere attività di cui non m'importa nulla. Non è adatto a me e al ruolo che voglio svolgere in questo mondo. Brividi di freddo scorrono in me nell'immaginarmi nei panni dei miei colleghi, tra 15-20 anni...

Ho deciso, basta. Non mi interessano le “prospettive di carriera”, gli “sviluppi professionali” che mi assicura il mio capo. Sviluppi per chi? Prospettive per cosa? Per me o per lui? O per l'azienda? Per me no di certo, dato che lavorare in questo ufficio (o meglio, acquario) limita ogni forma di creatività e di curiosità. Penso che CI vogliano plasmare così, così ci lamentiamo ma non cambiamo nulla. Ma penso che, tutto sommato, la mia creatività sia tutt'altro che limitata, perchè ogni giorno cerco di aprire porte per il mio cambiamento, per voltare finalmete pagina.  

Negli ultimi anni ho capito che i miei bisogni, le mie necessità, sono piuttosto ridotte. Perchè, quindi, lavorare per crearne delle altre? Sento di volere una vita semplice, in un posto semplice, lavorando quel tanto che basta per vivere un'esistenza dignitosa, producendo ciò che è necessario a soddisfare i bisogni quotidiani. Sono un neohippie? Non lo so, le etichette non mi sono mai piaciute. Leggo il libro di Fukuoka che ho tra le mani: "... più l'essere umano ingrandisce la mole delle sue attività e del suo lavoro, più il suo spirito e il suo corpo si disperdono e si allontanano dal svolgere un'esistenza moralmente soddisfacente". O anche “Vivere non è altro la conseguenza dell'essere nati... Il mondo che c'è è tale che se la gente mettesse da parte la propria volontà umana e invece si lasciasse guidare dalla natura non ci sarebbe nessuna ragione per aver paura di morire di fame”.

Spesso rifletto su cosa rappresenti il concetto di "lavoro": sono convinto che esso debba mutare al più presto, perchè così com’è il sistema non regge. Non è possibile che ci sia gente che lavora come matta, più delle "otto ore al giorno", scontenta, pensando forse che in questo modo le sia garantita la sopravvivenza, senza coltivare un hobby o una passione e, contemporaneamente, ci sia una fetta di persone che perde il lavoro, che non riesce a trovarne uno nuovo, convinta che il solo fatto di lavorare garantisca loro la dignità. Dove sta la verità?

Ho deciso, basta, è ora di comunicare la mia decisione. Darò le mie dimissioni in grande anticipo, correttamente, per rispetto verso coloro che, nonostante tutto, hanno permesso di pagarmi l'affitto del tetto sotto cui scrivo queste mie riflessioni. M'immagino già i commenti di molti, i consensi di pochi. A settembre faccio le valigie, non so ancora per dove, lo scoprirò quando sarà tempo. Ho voglia di vivere, conoscere, provare, sbagliare, rialzarmi e riprovare. Fare. Mi rimetto in cammino, in libertà, senza perdere ulteriore tempo. Seguirò la strada che mi condurrà al ritorno nella natura.

mercoledì 15 maggio 2013

Il nostro orto, un regno di biodiversità

Lo scorso è stato un weekend molto intenso dal punto di vista agricolo: ho dato infatti una grossa mano alla mia ragazza a trapiantare decine e decine di piantine (quante saranno state alla fine?! più o meno un centinaio!) nel suo orto. E' stato faticoso ma credo che ne valga la pena.

Il nostro orto visto dall'alto
La maggior parte delle piantine derivano da semi più o meno antichi, autoriprodotti da Manuela dall'annata precedente o scambiati con amici e conoscenti. E' importante sottolineare che al momento la biodiversità è a rischio a causa del progressivo ridursi della diffusione di sementi al di fuori delle tipologie selezionate e la contemporanea concentrazione dei brevetti (!) nelle mani delle aziende agro-alimentari (il nome Monsanto vi dice qualcosa?). E' bene ricordare che la selezione di semi dipende profondamente dalle esigenze di mercato: per fare un esempio, si prediligono i pomodori con la buccia dura perchè più resistenti allo stoccaggio e al trasporto in cassette, a discapito di pomodori dalla buccia più sottile (più buoni) che si romperebbero e schiaccerebbero.

Il design dell'orto su carta


Nel nostro piccolo noi non ci siamo limitati a difendere la biodiversità, ma abbiamo cercato di esaltarla al massimo! Vi faccio un elenco di ciò che è presente nell'orto: fave, piselli, carote, fagiolini, cipolle, aglio, pomodori (di vario tipo: Re Umberto, Sorrento, da chilo della Garfagnana), meloni (goccia di miele e "classico"), ravanelli, zucchine, zucche (grigia, rossa e a buccia liscia), mais, sedano (verde e rosa), finocchi (reduci dalla stagione invernale e che hanno rimesso dopo averli tagliati alla base per mangiarli), prezzemolo.... Alcune varietà, come melissa, menta, calendula e camomilla sono cresciute spontanee: a parte la melissa, sono state piantate dal nonno di Manuela anni fa e continuano a riprodursi spontanemente.


Vi mostro alcune foto dell'"orto di sotto" e il design dello stesso su carta. Il concetto è che le diverse piante sono state localizzate secondo le consociazioni. In poche parole, alcune piante traggono beneficio o svantaggio dalla vicinanza delle altre: per esempio, la melissa migliora lo sviluppo e il sapore dei pomodori, mentre il tagete pare sia molto utile per la lotta agli insetti. Potete immaginare quanto questo lavoro di progettazione sia stato intenso: il progetto va pianificato nel periodo invernale, quando cioè i lavori sul campo sono ridotti, per poi attuare gli accorgimenti del caso man mano che si passa all'azione.

Chicken tractor
Il terreno non è stato trattato con alcun diserbo nè pesticidi (per noi tutto ciò è abbastanza scontato, ma è meglio sottolineare questo punto per ricordare quanti danni al terreno e alla biodiversità causano i prodotti chimici). Inoltre, il terreno non è stato nè arato nè concimato. Abbiamo constatato il grande numero di lombrichi (complice anche la quantità di pioggia caduta nell'ultimo periodo), il che fa ben sperare circa la fertilità e la concimazione del suolo. In alcuni tratti abbiamo fatto lavorare le galline, che con le loro zampe e la loro pollina hanno "mosso il terreno" e hanno contribuito alla concimazione. Vi mostro una foto del chicken tractor che ci ha costruito Nicolò, un nostro amico falegname.

E voi cosa avete messo nel vostro orto?

giovedì 9 maggio 2013

La mia aiuola rialzata Hugelkultur

Un paio di settimane fa vi ho parlato, per la prima volta, del sistema Hugelkultur: si tratta, in poche parole, di un cumulo o aiuola rialzata, realizzata attraverso una pila di legname (preferibilmente già in fase di decomposizione, e quindi "marcio") sul quale viene posta della terra. Il meccanismo, molto semplice nella sua realizzazione, consente di rendere utilizzabile (e coltivabile) un pezzo di terra in cui, per varie ragioni, non è mai stato possibile farlo.

Nel mio caso, infatti, ho voluto rendere coltivabile una fetta di terra in cui la superficie è composta da tufo: in condizioni simili, non era possibile farci nulla, a parte seminarci della sterile (e francamente inutile per noi che abbiamo sempre fame!!) erba. Dopo aver letto di questo sistema, ho pensato che proprio in quella zona avrei potuto sperimentare l'Hugelkultur: per prima cosa, ho recuperato della legna (principalmente castagno e pioppo, ma anche un pero!) già in fase di decomposizione o quasi. Ho cercato di privilegiare i pezzi di maggiori dimensioni, ma purtroppo sono riuscito a recuperarne solo alcuni. Dopo aver disposto il legname con certo criterio (affinchè avesse le sembianze di un letto) fino a raggiungere l'altezza di un metro circa, vi ho disposto della terra sopra.

Dopo aver atteso alcuni giorni (in cui ci ha piovuto sopra), ho pensato che fosse una buona idea mettervi sopra della paglia con la pollina delle galline. Questa operazione dovrebbe rendere l'aiuola rialzata ancora più fertile. Infine, dopo aver svolto un lavoro di pulizia di un angolo all'esterno di casa di mia nonna, mi sono reso conto di avere tra le mani una quantità di terra ricca di fogliame marcio e materia organica. Pefetta per il mio cumulo. L'ho raccolta in un saccone, l'ho caricata in macchina e l'ho posta sopra il cumulo. Questo è amore! A parte gli scherzi, spero di aver contribuito ulteriormente alla "trasformazione" dell'aiuola in terreno fertile. Guardate qui il risultato finale, dopo un paio di settimane.

Tutto ciò è stato fatto in un'ottica di lungo periodo: dovrò aspettare almeno un anno affinchè il cumulo di terra sia pronto per ricevere i semi e le piante che vorrò. Nel frattempo monitorerò la sua evoluzione... eventualmente arricchendolo con il passare del tempo. Mi è piaciuto così tanto, che ne ho fatto un secondo!

E voi, avete pensato a dove realizzare la vostra aiuola Hugelkulur?

Leggi anche: Hugelkultur, un bell'esempio pratico di permacultura