mercoledì 27 febbraio 2013

Reddito di cittadinanza: che sia la volta buona?

Il Reddito di cittadinanza (chiamato anche di sussistenza) è un tema che da parecchio tempo richiama la mia attenzione. Sempre più preoccupante il numero di persone al di sotto della soglia di povertà, come peraltro il fenomeno della polarizzazione dei redditi a livello mondiale. Sono, quindi, felice che il Reddito di cittadinanza trovi oggi maggiori consensi grazie al recente exploit del Movimento 5 Stelle, che ne ha fatto uno dei punti (se non il principale) del suo programma.

Ma cos'è il Reddito di cittadinanza? Chiamato anche di sussistenza, il reddito di cittadinanza è una misura assistenziale di carattere universalistico. Significa che a tutti i cittadini viene garantita una soglia minima di reddito.

E' bene sapere che l'Italia è, assieme alla Grecia, l'unico Paese europeo che non riconosce il reddito di cittadinanza ai propri cittadini. L'Italia utilizza lo strumento della cassa integrazione (sconosciuta agli altri Paesi europei), che però non sembra aver dato i suoi frutti. Alla base vi è un approccio diverso: se negli altri Paesi viene data priorità al cittadino indipendentemente dalla propria condizione lavorativa, in Italia ha invece prevalso la tutela non del cittadino, ma del lavoratore. Il risultato è che solo una fetta ridotta della popolazione può accedere agli ammortizzatori sociali.

Di quanto il Reddito di sussistenza possa ammontare e per quanto tempo, vi sono proposte variegate. Segnalo due proposte: una (clicca qui) di Rita Castellani, economista ed esperta di Economia del Welfare all’Università di Perugia, di trecento euro mensili (più un contributo per i bambini e per l'affitto). La seconda: qualche mese fa in Italia è partita una campagna di raccolta firme per una proposta di legge di iniziativa popolare sul reddito minimo garantito, volta a garantire un'entrata di 600 euro mensili a coloro che risultano sotto la soglia degli 8000 euro annui. Non si tratta di un reddito incondizionato e inalienabile: può essere infatti revocato sotto alcune condizioni quali l'assunzione a tempo indeterminato, il compimento dei 65 anni di età, il rifiuto di un posto di lavoro. 

Diciamo allora che il dibattivo prosegue: la speranza è che davvero che il Movimento 5 Stelle possa costituire quella forza politica in grado di vincere questa battaglia, magari insieme alla rete internazionale BIEN (Basic Income Earth Network), presente anche in Italia. Se siete interessati e volete approfondire il tema del Reddito di cittadinanza, vi invito a visitare il sito Basic Income Network Italia ed, in particolare, a leggere le Dieci tesi sul reddito di cittadinanza di Andrea Fumagalli, mio ex professore all'Università di Pavia.

Per concludere, ho letto che la Commissione europea ha dato parere favorevole il 14 Gennaio 2013 per l'iniziativa dei cittadini europei per il reddito di base incondizionato (ICE RBI). Se verranno raggiunte un milione di firme (in UE siamo 500 milioni) per sostenere la campagna per un reddito di base, la Commissione europea dovrà studiare la proposta al Parlamento europeo. La finalità di questa proposta è di implementare o dare avvio a studi di fattibilità e possibili percorsi per introdurre il reddito di base incondizionato all'interno dell'Unione Europea.

Vi invito, quindi, a firmare la petizione a questo link!

martedì 26 febbraio 2013

Privacyfix - valido strumento per controllare la privacy su Internet

http://restgedanke.de/wp-content/uploads/2012/10/PrivacyFix.jpgVorrei condividere con voi uno strumento che reputo efficace per controllare la propria privacy su Internet. Spesso (consapevoli o meno del pericolo) ci chiediamo quanto sia sicura la nostra navigazione, i siti che visitiamo, le pagine di Facebook che consultiamo, le applicazioni installate che hanno accesso ai nostri dati e perfino i siti che hanno le nostre informazioni. Dovete sapere che la maggior parte dei siti che visitiamo sono rintracciati da Facebook e Google e che, per esempio, ogni volta che clicchiamo su "Mi piace", FB si avvale di questa preferenza per crearsi dei profili di comportamento, che gli serviranno per vendere spazi pubblicitari alle aziende. 

Privacyfix vi compilerà un report (guardate sotto il mio) diviso in quattro aree (Facebook, Google, Website e Tracking) sulla condivisione dei nostri dati in Rete, consentendovi di riconfigurare le impostazioni della privacy. Come? Rivelando se il vostro profilo FB è indicizzato su Google, se possiamo essere trovati sui motori di ricerca, se i "non amici" possono vedere i nostri post e quali applicazioni condividono le nostre informazioni. Nell'area dedicata a Google, PrivacyFix ci aiuta a bloccare il tracking da parte del motore di ricerca e a rivedere le impostazioni privacy di Google+.

L'applicazione si scarica andando sul sito: meglio utilizzare il browser con cui generalmente accedete a Internet (per es. Firefox o Chrome). Ebbene i risultati del mio report non sono una sorpresa: Facebook traccia l'88% dei siti che visito, Google un po' meno il 55%. Nel mio caso, il mio comportamento di navigazione su FB gli fa guadagnare solo 0,73 dollari l'anno (probabilmente perchè avevo già schermato bene le mie, poche, attività), mentre a Google "regalo" di più, 513 dollari l'anno.

Nell'area Websites ho potuto riconoscere quali dei siti visitati tengono traccia delle mie informazioni personali e quali le condividono con altre aziende. Per fortuna erano solo due: basta un click per spedire un'email a questi siti chiedendogli di cancellare dal loro database la nostra email e i dati correlati.

Infine, la sezione Tracking individua i siti che in quel momento ci stanno seguendo, permettendoci di disattivarne i cookie.

Adesso che conosciamo il "valore" dei nostri dati, vi consiglio di proteggerli il più possibile e di condividere questo strumento con amici e famigliari.

Sotto il mio report:


giovedì 21 febbraio 2013

Dove sono gli uomini? Non qui!

http://libreriamo.bloog.it/files/2013/01/Intervista-Perotti_Dove-sono-gli-uomini.jpgIeri sera, quando sono entrato nel bar di Acqui Terme (AL), all'interno del quale Simone Perotti ha presentato il suo ultimo libro 'Dove sono gli uomini'?, mi sono fatto la stessa identica domanda dopo aver notato che in sala c'era solo la componente femminile. Il fatto che l'iniziativa fosse nata da un'associazione di sole donne rappresenta certamente uno dei motivi per cui gli uomini fossero assenti. Non erano stati invitati? Eppure l'assenza degli uomini è il tema di questo libro-inchiesta, in cui viene descritto l'uomo tra i trenta e cinquant'anni, in crisi di collocazione, frustrato, stanco, poco realizzato professionalmente, incapace di qualsiasi attività materiale ed, in generale, di rimettersi in gioco.
Su come siano le donne (le stesse donne che vedo in sala), meglio sorvolare: lo stesso Perotti sa che qualsiasi commento negativo non lo avrebbe fatto uscito vivo!

Può anche darsi che non ci fossero uomini in sala perchè, semplicemente, Perotti non è Baricco. Tuttavia ciò pare piuttosto sorprendente, perchè dal 2009, anno di pubblicazione di Adesso Basta – Lasciare il lavoro e cambiare vita, Perotti ha riscosso un notevole successo di pubblico. In questo libro sopra citato, lo scrittore ha descritto il fenomeno del downshifting, testimoniando la propria esperienza personale: dopo un ventennio di carriera nel settore della comunicazione, ha lasciato il lavoro per dedicarsi alla scrittura e alla navigazione.

Il tema del downshifting è decisamente attuale ma poco dibattuto perchè, probabilmente, troppo scomodo: è delicato argomentare sulla crisi del Sistema consumistico e dell'uomo all'interno del modello socio-economico attuale. Basti pensare all'attuale campagna elettorale in Italia, dove in pochi sembrano voler cambiare qualcosa. Cambiare significa, infatti, incrinare i legami esistenti e mettere da parte il passato.

Personalmente trovo il downshifting un tema interessante, io stesso da tempo sento la volontà di scollocarmi (un altro libro di Perotti si intitola Ufficio di scollocamento), di ridurre le ore di lavoro, accontentandomi di entrate appena sufficienti, per guadagnare in tempo libero e potermi dedicare alle mie attività preferite. L'ho già fatto, lo farò ancora, ma non senza patemi: permane sempre un certo livello di paura, d'insicurezza, non è così facile mettere da parte i condizionamenti e i legami esistenti. Già da tempo abbraccio uno stile di vita più frugale, nel rispetto dell'ambiente e di coloro che hanno meno, ma mi manca, in un certo senso, la consacrazione. E' facile essere 'schiavi' di questo sistema. Invidio la serenità di alcuni nel cambiare, spesso siamo convinti che la strada è giusta nel rispetto di noi stessi e dell' (unica) vita, ma tante volte sembra che non basti...

Voi cosa ne pensate? Capita anche a voi di sentirvi così?

PS. Tornando alla presentazione, devo dire che Perotti, spesso accusato di ipocrisia, mi ha fatto un'impressione molto positiva: tipo semplice, pacato, disponibile e per nulla 'imborghesito' dal successo conseguito. Lui che è stato testimone del 'suo' cambiamento e che ha la lucidità e le qualità per condividere la propria esperienza e visione del mondo con i tanti di noi che, troppo spesso, a forza di rimandare e rimandare i propri sogni, ci accorgiamo che la vita è ormai passata...

mercoledì 20 febbraio 2013

Quando senza OGM si produce di più

http://www.voyagesphotosmanu.com/Complet/images/raccolta_riso.jpgLe multinazionali agro-chimiche da sempre pubblicizzano il fatto che la resa dei raccolti agricoli aumentino grazie all'utilizzo di OGM. Ciò rappresenta, probabilmente, uno dei capostipiti dei sostenitori degli OGM. Parliamo di quantità quindi. In molti preferiamo la qualità e la provenienza biologica e locale del prodotto rispetto alla quantità (mangiare meno ma meglio), ma probabilmente perchè abbiamo avuto la fortuna di essere cresciuti in un Paese avanzato e di avere da sempre un piatto sotto al naso dal quale mangiare.

Per cui dimentichiamoci per un attimo che le sementi OGM producono cibo di qualità minore, che fanno male, che limitano la biodiversità, che obbligano l'agricoltore ad indebitarsi per ricomprare ogni anno le sementi (rendendolo dipendente dal mercato) e che lo costringono ad utilizzare pesticidi ed impoverire, di conseguenza, il terreno su cui coltiva. Concentriamoci per un attimo sulla quantità. Da ciò che leggo sul Web, anche in termini quantitativi, gli OGM non sono messi così bene. Anzi, abbiamo la dimostrazione di casi in cui si sono verificati raccolti in quantità maggiori senza l'utilizzo di OGM.

Mi riferisco all'articolo di Seed Freedom: negli USA la produzione di mais (per ettaro) nel 2012 è la stessa del 1987, nonostante in questo lasso di tempo siano stati introdotti sementi OGM. Le statistiche dicono che Paesi come Giodania e Nuova Zelanda, che vietano l'utilizzo di OGM, oggi producono più mais per ettaro che gli USA. I contadini e i media Pakistani hanno voluto pubblicare questi dati per mettere in discussione la propaganda, spesso falsa e fuorviante, delle multinazionali agro-alimentari internazionali.

Ma i più arcigni obietteranno che Seed Freedom è di parte. Probabilmente hanno ragione. Vi propongo allora quest'altro articolo, apparso su The Times of India. Lo stato indiano del Bihar ha ottenuto un premio per una produzione record di riso (specialità paddy) tra il 2011 e il 2012 con la tecnica del System of Rice Intensification (1)
Nel luogo in cui l'OGM è stato imposto agli agricoltori locali, portandoli ad indebitarsi (per maggiori informazioni leggetevi il libro 'Ritorno alla Terra' di Vandana Shiva), è stato ottenuto un risultato straordinario: senza Ogm la produzione è aumentata e i contadini hanno potuto dimostrare che è possibile liberarsi dalla "schiavitù" delle multinazionali. I numeri lo dimostrano: 7,2 milioni di tonnellate prodotti contro la precedente produzione di 4,6 milioni di tonnellate (+50%). Altri premi individuali sono andati ad agricoltori che hanno saputo ottenere rese superiori attraverso lo stesso metodo SRI.

Beh che dire, abbiamo sufficienti argomenti per rispondere a coloro che ritengono che la fame del mondo possa essere sconfitta attraverso le sementi OGM. Con gli OGM non si ha un aumento della resa complessiva. Per far fronte alla domanda di cibo bisogna concentrarci su altro, mettere da parte l'ipocrisia e limitare gli sprechi. Vi pare accettabile che ogni anno nel mondo si buttino via 2 tonnellate di cibo? Siamo 7 miliardi ma ogni anno viene prodotto cibo per 12 miliardi! E 1 miliardo dei 7 non sa cosa mangerà nel suo nuovo giorno di vita...

(1) Il System of Rice Intensification (SRI) è una metodologia per l’incremento della resa delle coltivazioni di riso messa a punto nel 1983, dopo vent’anni di osservazioni e di esperimenti, in Madagascar, ad opera del gesuita francese Henri De Laulaine. Non comporta maggior dispendio economico e non richiede l’acquisto di sementi provenienti dalle multinazionali degli OGM. Fonte Slow Food.

lunedì 11 febbraio 2013

Pubblicato report sull'impatto globale del Fairtrade

Buongiorno a voi, sono stato a casa a letto con l'influenza per 10 giorni e per questo motivo mi sono tenuto lontano dal Web, anche per evitare di infettare qualcuno :).

http://thewomenscollege.com.au/images/fairtrade_logo.png
Scherzi a parte, riprendo in mano il Blog invitandovi ad approfondire la tematica del Fair trade, o Commercio Equo e Solidale. Sebbene esistano diverse definizioni, le organizzazioni internazionali fanno riferimento comunemente a questa: per Fairtrade si intende quella forma di commercio internazionale basato sul dialogo, sull'equità, sulla trasparenza e il rispetto. Contribuisce allo sviluppo sostenibile offrendo migliori condizioni commerciali ai produttori marginalizzati e dei lavoratori, in particolare del Sud del Mondo, garantendone i diritti inalienabili. Le organizzazioni di commercio equo e solidale, supportate dai consumatori, si impegnano attivamente a sostenere i produttori, a sensibilizzare il pubblico e a promuovere modifiche alle regole e alle pratiche di commercio internazionale convenzionale. 
 
Nel caso siate interessati a questo tema vi invito a leggere questo report (in inglese), che rappresenta il documento più ampio e completo a disposizione sul circuito Fairtrade, e riporta l'impatto del sistema internazionale dal punto di vista dei produttori. "Monitoring the scope and the benefits of Fairtrade" mostra la distribuzione delle organizzazioni in Africa, Asia e America Latina e racconta il mondo che gravita attorno ai 1,24 milioni di produttori Fairtrade (dati fine 2011), raggruppati complessivamente in 991 organizzazioni di 66 paesi nel mondo.

Tra i dati diffusi l'aumento delle entrate percepite dai piccoli produttori grazie alle vendite di materia prima Fair trade (+30% nel 2011 sul dato 2010), e quello del Fairtrade Premium ad essi corrisposto, ovvero il margine di guadagno aggiuntivo assicurato alle organizzazioni per incentivare progetti di sviluppo: 61,1 milioni di euro (+26% sull'anno precedente).

Fonte: Fairtrade Italia